Progetto di ricerca sulla cultura materiale dei migranti tra sud e nord del Mediterraneo
Autore: Luca Pisoni, e-mail: pisoni.gaetano@gmail.com
Obiettivi: indagare il
rapporto tra migranti e cultura materiale
Luogo di svolgimento: stazioni
ferroviarie di Bolzano e del Brennero
Durata: estate
2015
Presentazione risultati: Current Ethnoarchaeology, 25/26/27 Novembre 2015, Roma
Media: Intervista a Radio 3 Mondo del 25/3/2015
Presentazione risultati: Current Ethnoarchaeology, 25/26/27 Novembre 2015, Roma
Media: Intervista a Radio 3 Mondo del 25/3/2015
Cosa portare con sé in un viaggio costellato da
immani tragedie, grandi speranze e profonda commozione per l’abbandono della
propria terra e dei propri cari?
L’umanità intera, se costretta a passare per un
“collo di bottiglia” costituito dalle ristrettezze di un posto in piedi su un
barcone o su un motoscafo, reagirebbe probabilmente allo stesso modo.
Ne sono prova i materiali conservati presso il Museo delle Migrazioni
di Lampedusa e Linosa e gli oggetti che i profughi portano con sè presso un secondo “collo di
bottiglia”: il passo del Brennero, che li condurrà in quell’Europa dove
sognano di trovare cittadinanza e lavoro.
Il progetto “Cosa mi porto in Europa?” si è svolto
nell’estate 2015 nella stazione ferroviaria di Bolzano, nonché
sui treni di passaggio, con l’obiettivo di indagare il
rapporto tra migranti e cultura materiale. Ho intervistato circa 50 profughi,
in gran parte eritrei cristiani, chiedendo loro di mostrarmi gli oggetti che
avevano con sé negli zaini e nelle borse. Del bagaglio di partenza era rimasto
ben poco, in quanto la maggior parte di loro era stata derubata lungo il tragitto e
aveva conservato solo gli effetti personali più stretti (fotografie e oggetti
di carattere religioso) e talvolta lo smartphone. A questo punto ho realizzato la
documentazione fotografica e le interviste, nelle quali ho chiesto loro di ricostruire
la biografia delle cose che si portavano appresso (nel senso di Kopytoff 1986).
Croce in legno con medaglione (foto: L. Pisoni)
Se, come sostiene Daniel Miller (Miller 2008), gli
oggetti sono attivi contemporaneamente in senso sociale, funzionale e
ideologico, è possibile considerare come siano soprattutto gli ultimi due aspetti
ad essere maggiormente enfatizzati dalle cose che i migranti portano con sè.
Medaglione eritreo in legno. Da un lato l'Arcangelo Gabriele, dall'altro l'Arcangelo Michele (foto: L. Pisoni)
Alla dimensione logistica appartengono infatti del cibo e
l’immancabile smartphone, col quale
contattare, via facebook, casa, amici e quelli che, già arrivati in Europa, possono dare preziose informazioni sul viaggio.
Alla sfera ideologica si riferiscono invece le foto di famiglia, i testi e i simboli religiosi (Bibbia, Corano, croci, ecc.) e la musica che lo smartphone manda attraverso le cuffiette,
che va considerata, più che una passione o un passatempo, un importante elemento di
resistenza.
Una bibbia eritrea scritta in tigrino (foto: L. Pisoni)
Uno studio analogo a quello presentato qui, condotto sul
flusso illegale dei migranti tra Messico e Stati Uniti, ha dato gli stessi
risultati (De León 2011). Vestiario
adatto alla traversata del deserto, telefono e agendina con contatti da
chiamare una volta giunti a destinazione, fotografie di parenti e santini del
Bambin Gesù di Atocha, protettore dei viandanti, sono le cose che i clandestini
portano con sé.
Emerge quindi come gli oggetti siano una fonte
preziosissima per illuminare quei black-out informativi che pensiamo
inesistenti in una società dove qualsiasi avvenimento sembra inesorabilmente
destinato ad incappare nelle registrazioni audio o video di qualche webcam o
cellulare.
Migrante eritrei con croci tatuate sulle spalle (foto: L. Pisoni)
A sinistra un tatuaggio con la scritta I love you mother (mother scritto in tigrino); a destra un tatuaggio con la scritta Mia Madre (foto: L. Pisoni)
La cultura materiale svolge quindi, infine, un'importante funzione consolatoria, riproducendo e rappresentando materialmente la cosmologia sociale della società di appartenenza, che, per ovvi motivi, non è stato possibile portare in viaggio.
L'arrivo alla stazione di Bolzano del treno con i migranti: mi chiedono This is Bolzano ?
Bibliografia
De León, J. 2011. American Anthropologist, Vol. 114, No. 3, pp. 477–495
Kopytoff, I. 1986. The Cultural Biography of Things:
Commoditization as a Process. In The
Social Life of Things: Commodities in Cultural Perspective, edited by A.
Appadurai, pp. 64–91, Cambridge, UK
Miller, D. 2008. The
Comfort of Things, Cambridge, Polity Press
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